6 - Con la morte nel cuore

Tarsakh 3

Impiego poco per scrivere una lettera fasulla, avente ad oggetto la morte di un mio presunto cugino, da utilizzare per avvalorare le mie intenzioni con Yagra, ed una volta sceso nella sala comune della nostra locanda sento Harael cercare di spiegare a Red cosa sia un oggetto maledetto.

Decido di appostarmi in silenzio per acchiappare qualche vocabolo, quanto basti per moltiplicare i fattori. L’anello magico non si sarebbe potuto togliere, Chica sarebbe Carlotta e Carlotta sarebbe Chica (a seconda delle preferenze), ma ci sarebbe in atto una parziale cancellazione della memoria. Che confusione! Harael chiarisce con competenza che nella Torre starebbero proteggendo la ragazza, che però non potrebbe uscire a dispetto del compito affidato ai miei compagni, che sarebbe stato quello di riportarla alla madre. Red non concorda, ed i due trascorrono svariati minuti a discutere. Certo, se questi due gridano, sbraitano e sbuffano a letto come nella vita normale, dovrò davvero pensare a trovarmi un alloggio alternativo, si prevedono nottate insonni….

Meglio andarsene, fino al Portale, luogo in cui Bonnie mi suggerisce di attendere l’arrivo di Durnan e di parlare con lui, quasi che Yagra non sia l’opzione migliore. Lo faccio, e la chiacchierata con l’oste/avventuriero non è molto proficua: l’unica cosa che mi viene detta, con estrema chiarezza, è che Yagra sarebbe in debito con Durnan, e quest’ultimo mi fornisce un foglietto con un indirizzo segreto in cui incontrarla. Parlando poi della mia scelta di iscrivermi alla Gilda degli Scrivani, egli sembra perplesso e, a dispetto delle mie qualità, mi dice che per quanto io possa ritenermi abile, non sarò mai in grado di copiare il foglio di pergamena contenuto in un portapergamene, che mi consegna. Non posso rifiutare la sfida, che anzi accetto, convinto di poterla vincere. Ho una vita davanti, al contrario di lui che è già avanti negli anni…

Mentre alla nostra Locanda si sta tenendo la prova di cucina degli halfling, io attendo l’elfo Davil, una sorta di supervisore Zentharim. La nostra conversazione è assai asciutta: tengo il tono più basso possibile, silente, in ascolto umile e coscienzioso. Mi viene affidata una missione definita una “seccatura”: qualcuno, nel quartiere del Porto, avrebbe nell’ultima settimana ucciso con un preciso colpo al cuore e quindi decapitato tre elfi e mezzelfi, l’ultima proprio ieri. E siccome, come ha detto Davil, “noi aiutiamo i bisognosi”, mi ha invitato ad abbattere questa minaccia, non prima però di avermi raccomandato prudenza, definendo il bersaglio “pericoloso, preciso e scattante”. Ho la sensazione che sappia perfettamente con chi abbia a che fare, e che stia tenendo informazioni per sé. Annuisco e prometto informazioni.

Sono uscito sentendo Harael e Red discutere di Chica, e torno alla fine della seconda prova di cucina in locanda con loro che continuano a toccare lo stesso argomento. Si dice che Chica esisterebbe da qualche parte, mentre Vojana starebbe facebdo di tutto per mettere a tacere una sorta di vento magico, una magia potente e latente.

Io so solo che, da giorni ormai, sto comprendendo quanto la magia sia diffusa nel mondo, e quanto essa modifichi le concatenazioni stesse del destino. So che, prima o poi, per poter essere il miglior falsario del Continente, dovrò necessariamente avvicinarmi anche io a questa realtà che molto mi intimorisce….

Racconto dell’assassino, e scherzandoci su cerco di sdrammatizzare, proponendo a Red di fare da esca: è un mezzelfo, è capace, è rabbioso, sa farsi valere, potrebbe essere perfetto. Con mia sorpresa, però, Red rifiuta, spiegando di non aver recuperato i sortilegi, quasi che un uomo come lui faccia dipendere il proprio destino proprio dalla presenza o meno della magia. Per gli dei, ma quanto si diventa corrotti nell’animo utilizzandola…

Decido quindi di andare a visitare da solo la zona del Porto, passando di locanda in locanda, studiando la zona circostante, passando dal Palazzo dell’Armatore (la più agiata) fino ai Letti Caldi (la più squallida del quartiere).

E qui accade la pagina più nera di questa finora intensa esperienza a Waterdeep. Lo trovo, l’assassino, lo trovo eccome. Mentre io mi aggiro sui tetti, per sorvegliare il tutto dall’alto. Ci metto poco, però, a capire la differenza fra un professionista come quel killer ed un dilettante come me, che si sforza di fare l’avventuriero. Un’ombra: letale, rapido, furtivo. Sono stato ingannato con le mie stesse armi, la premeditazione e l’organizzazione: ha piazzato trappole sui tetti per favorire la sua stessa fuga, e mi ci ha fatto cascare come un sorcio in trappola.

Sono stato una vera delusione, per gli Zentharim, per Garlen e soprattutto per me stesso. Dolorante d umiliato, torno in locanda per riposare fino al giorno successivo.

La mattinata presso il Maestro Scrivano mi risolleva un po’, l’ordine fisico diviene mentale, ma il mio campanaccio della prudenza suona ormai con vigore. Non ho voglia di scendere nei dettagli dell’accaduto, ma qualcosa devo pur dire, anche per rispetto della futura incolumità dei miei compagni.

Compagni che sembrano avere assai poco riguardo per la propria vita, considerato che continuano a volerla mettere a rischio, andando a pattugliare il Distretto dei Campi, che definire un bordello a cielo aperto è dire poco. Io non ci penso proprio ad accompagnarli, è troppo rischioso, vuol dire camminare a piedi nudi sui carboni ardenti. Mi offro, semmai, per accompagnare Perry ad incontrare Chica (o Carlotta, chi sa…) alla Torre Nera: nella mia totale incomprensione degli accadimenti, l’unica cosa che posso suggerire a questo bambino cresciuto troppo in fretta è di attendere e pazientare.

Di ritorno, decido di acquistare dei sacchettini di polvere pirica, che facciano luce e rumore se calpestati. Penso che potranno essermi utili in caso di nuovo incontro con l’assassino. Se il tipo gioca preventivamente, io devo stupirlo con effetti speciali…

La serata e la nottata passano tranquille. Il giorno dopo, sempre la stessa routine.

Sveglia. Maestro Scrivano. Pranzo. Sonnellino, mentre i miei compagni tornano ancora ai Capi, desiderosi di menare le mani: non troveranno soddisfazione, per loro fortuna!

La sera decidiamo di provare un nuovo appostamento, stavolta cumulativo. La prima locanda è un insuccesso, ma la seconda fa centro sul bersaglio. Nei pressi della Stella Nera, Red (disarmato e con una semplice armatura imbottita) attira l’attenzione dopo una bevuta coi controfiocchi.

Ora, scrivere su un diario cosa sia avvenuta durante questo scontro, al contempo breve e lunghissimo, è impossibile. Le parole, almeno le mie, non sono in grado di dare una visione accurata degli accadimenti. L’assalto è perfetto, ma anche l’assassino non poteva prevedere il nostro agguato.

Fuochi fatui in un viale, per distogliere l’attenzione.

Il solito impressionante tuono di Red al colpo ricevuto, che scuote l’aria ed il mio animo.

I dardi magici di Harael, che non falliscono mai il bersaglio. Mai. Mai. Cazzo, mai!

Al contrario delle mie frecce, solo sei in dotazione, che sembrano scoccate dalla mano tremante di una recluta quattordicenne.

Lo stesso Gunther, che sembra tutto muscoli e vigore, urla un sortilegio, ordinando al nemico di abbandonare l’arma. Effetto fallito, grazie agli Dei: se sapesse anche padroneggiare le arti magiche, sarebbe padrone del mondo.

Poi, quella sfera di buio assoluto a coprire la scena. La luce di Red, come una lanterna a dissiparlo.

E poi, quella sorta di pistola, quella saetta esplosa dalla canna contro Harael.

È la prima a cadere, seguita da Gunther, che sferra i suoi colpi con coraggio assoluto, ma senza accompagnarli con la necessaria difesa ad oltranza.

Restiamo io e Red. Red guarda i due a terra. Vede Harael, e l’amore prevale sulla sfida, la logica sull’adrenalina, la famiglia sull’onore. E le sue mani toccano, guariscono, leniscono il dolore.

L’assassino è sulle gambe, ma corre via. Lo inseguo, da tetto a tetto, scivolando ed escoriandomi la gamba. Mi resta un’unica freccia, che nella sua piccola faretra soffre di solitudine.

La incocco, chiudo gli occhi per un attimo, poi miro e sparo.

La mano si ferma, il respiro si azzera, ed il dardo parte bene come non è mai partito da quel crine equino. Una saetta lignea, nel verso senso della parola, guidata dalla mia speranza e da quell’onore che devo recuperare.

Incredibile. Cammina ancora…Male, a fatica, zoppicando, ma cammina.

Piomba in un tombino, con un tonfo sordo. Forse, stavolta, anche i miei nemici hanno paura.

Lo raggiungo, vedendolo accasciato sul fondo del tombino stesso. Scaglio un pugnale, e poi scendo in fretta. Non voglio in nessun caso essere visto. Nel putridume delle fogne, abbandono Red a malincuore, afferro due borse alla cintura ed una spada, e scappo via. Ho buttato gran parte del bottino, ne sono conscio, ma ho il cuore in gola.

Due ore a luce di candela.

Non trovo un’uscita, ci sono topi attorno a me, tremo, mi viene da piangere.

Per una volta, però, gli Dei mi hanno dato un segno. Chiaro, lapalissiano.

Mi hanno fatto capire, con quella freccia, che anche io ricopro un ruolo in questa esistenza.

Tornato in locanda, esaminiamo le sacchette: gemme, veleno, sfere luminescenti per la pistola. Sono lì che le osservo, mentre Red mi rimprovera per averli abbandonati.

Lo capisco, sia chiaro. Ma il mio ruolo è essere “colui che sopravvive”. La vita ha scritto questo copione per me, ed io ho intenzione di recitarlo al meglio.

E poco importa che io sia andato, ben vestito, con la spada ammantata, presso la Locanda del Portale, per mostrare a Yagra e Davil il nostro successo. Si parla dei Bregan Dart, del loro capo Jarlax, qualche pacca sulla spalla, il mio silenzio…

Io so solo che tocca scegliere, adesso. Son giunto ad un bivio importante.

So solo che si deve studiare, riflettere, approfondire, conoscere, sapere.

Il tutto, ovviamente, allo scopo di sopravvivere.

Dopo aver visto la morte in faccia, infatti, essere ancora vivo è la più grande magia del creato.

Magia deve essere, dunque. E magia sia….